“C’est Boulanger qu’il nous faut” – Né Destra né Sinistra & Il Fascismo in Francia (Zeev Sternhell)

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In un articolo di quattro anni fa,  assolutamente lucido e lungimirante, (“Avanza il populismo di sinistra”, http://insorgenze.wordpress.com/2008/10/21/dipietrismo-malattia-senile-del-comunismo/#comment-4898), Paolo Persichetti, a proposito dei successi elettorali di Di Pietro (che anticipano quelli odierni del grillismo) affermava fra l’altro che il populismo giustizialista rivela una mutazione profonda

“che da oltre un quindicennio erode la base sociale e la conformazione ideologico-politica del «popolo di sinistra»…”

Dalle tradizionali dinamiche di protesta o riformiste si è passati a sentimenti antipolitici che lasciano emergere

“un qualunquismo di tipo nuovo, il qualunquismo di sinistra. Una conseguenza di questa deideologizzazione è stato il passaggio da forme di discorso più strutturate al prevalere di stati d’animo, di pulsioni volatili, incerte, confuse che possono variare dall’antipolitica tradizionale, alla critica verso il deficit di rappresentatività dei partiti d’opposizione, ai panegirici sulla società civile incontaminata, luogo del giusto e del vero, alla richiesta nei confronti della magistratura di sostituirsi alle forze politiche. Posizioni che trovano una sintesi in un antiberlusconismo che è etico prim’ancora d’essere politico. Una rivolta populista che ricorda alcuni tratti del «diciannovismo»… un populismo che rielabora accenti del poujadismo e del boulangismo…”.

Come al solito, gli avvenimenti della storia francese, rivoluzionari o controrivoluzionari,  spesso servono ad illuminare anche le miserie italiane…Il grillismo, ultima fase del dipietrismo.

 

Copia di 59-queer-dipietro11

 

 

 

Zeev Sternhell

tratto da

Né Destra né Sinistra: l’ideologia fascista in Francia

(Baldini & Castoldi, 1997 (1983), pag.94-segg.)

Il disagio intellettuale, le tensioni politiche, i conflitti sociali che percorrono la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo esprimono tutti un ulteriore fenomeno rappresentato dalle enormi difficoltà incontrate dal liberalismo nel tentativo di adattarsi alla società di massa. Intorno alla fine del secolo gli effetti di quella autentica rivoluzione intellettuale che fu il darwinismo, quelli dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione del continente e infine quelli del lungo processo di nazionalizzazione delle masse cominciano a farsi pienamente sentire.

I contemporanei che avvertivano di trovarsi sul limitare di una nuova epoca dunque non si ingannavano. “L’età in cui entriamo sarà davvero l’ETA’ DELLE FOLLE” , scrive Le Bon. “Non è più nei consigli dei prìncipi, ma nell’anima delle masse che si preparano i destini delle nazioni”.

L’ingresso delle nuove masse urbane nel territorio della politica pone al liberalismo dei problemi sconosciuti fino a quei tempi. Il liberalismo è un’ideologia fondata sull’individualismo e sul razionalismo, è il prodotto di una società che non prevedeva di dover subire ulteriori mutamenti strutturali e in cui, necessariamente, la partecipazione politica era estremamente limitata. A fine secolo, invece, sono sempre più numerosi coloro che mettono in discussione la funzionalità di un’ideologia nella quale le nuove classi sociali, milioni di lavoratori e di salariati di tutte le categorie, ammassati nei grandi centri industriali, non potevano riconoscersi.

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Le radici della crisi del liberalismo attingono alle profonde contraddizioni sorte fra i principi dell’individualismo e i modi di vita delle masse urbane, fra la concezione tradizionale dei diritti naturali e le nuove leggi dell’esistenza scoperte dalla generazione del 1890 nel darwinismo sociale. E’ impossibile comprendere pienamente i profondi rivolgimenti che si produssero all’indomani della Grande Guerra se non li si esamina sullo sfondo della rivoluzione intellettuale di questo primo anteguerra. Il boulangismo rappresenta la prima espressione della crisi dell’ordine liberale – che costituisce un fenomeno costante del mezzo secolo di storia che precede il 1940 – in una politica di massa.

La prova di forza tentata dall’estrema sinistra radicale e blanquista contro la democrazia liberale si spiega innanzitutto con la politicizzazione delle nuove masse urbane. Questa rivolta dell’estrema sinistra radicale, inizialmente assecondata dalle simpatie di non pochi guesdisti, cercò di distruggere il consenso centrista. A questo attivismo radicale, nazionalista e blanquista, si contrappose però un’ampia coalizione di moderati di cui già entrò a far parte l’ala più moderata del socialismo.

Riteniamo importantissima la tappa del boulangismo perché in Francia ha rappresentato il primo punto di congiunzione fra il nazionalismo e una ben precisa forma di socialismo non marxista, antimarxista e già postmarxista. L’origine e l’importanza del Partito Nazionale consistono proprio in questa sintesi, promessa a una grande fortuna, che assorbe il nascente socialismo ovunque esso si va strutturando. L’estrema sinistra guesdista e blanquista era convinta che il boulangismo esprimesse una forma di rivolta contro la società borghese e contro la democrazia liberale. Lafargue o Emile Eudes, l’erede spirituale di Blanqui e capo dei suoi seguaci, non dubitavano che fosse opportuno sostenere il boulangismo nella sua opera di distruzione dell’ordine costituito. L’antiparlamentarismo d’altra parte è uno degli aspetti più caratteristici della guerra dell’estrema sinistra contro il liberalismo.

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Altri due elementi si innesteranno sull’antiparlamentarismo, che era comunque la traccia di una certa tradizione giacobina, che vediamo rinascere nei radicali di estrema sinistra: il blanquismo e il nazionalismo. Il blanquismo si ribella al sistema borghese, il nazionalismo all’ordinamento politico che ne è l’espressione. Questi tre elementi convergono in una comune opposizione alla democrazia liberale: la loro sintesi si esprimerà nel boulangismo intorno alla fine degli anni ’80 del XIX secolo e, 10 anni più tardi, risorgerà nel nazionalismo anti-dreyfusardo. All’inizio del XX secolo questa rivolta si espresse nel “movimento giallo” e in seguito in forme minoritarie di sindacalismo non conformista e soprattutto nel Circolo Proudhon. Dopo la Grande Guerra questa sintesi assumerà il nome di fascismo.

Il boulangismo esprime in forma particolarmente acuta questo secondo tipo di conflitto. In esso convergono forze politiche diverse che volevano infrangere a ogni costo l’immobilismo del regime parlamentare: è il primo episodio della lunga serie di assalti che aggrediranno la democrazia liberale. Emerge allora per la prima volta un processo che poi diventerà il meccanismo classico del prefascismo, e più tardi del fascismo: lo spostamento verso la destra radicale di elementi di idee sociali avanzate e fondamentalmente antiliberali, che professano però un marxismo dubbio, o un socialismo esplicitamente antimarxista, oppure, come alla vigilia della guerra, abbandonano il marxismo per un’altra forma di solidarietà rappresentata dal nazionalismo. (…)

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Questo socialismo francese impegnato in una continua critica del marxismo (“Revue Socialiste”) legittima infatti sia il boulangismo sia l’antisemitismo sociale. (…)

Il fronte comune fra la borghesia liberale e il proletariato, fra la sinistra marxista o marxisteggiante e il Centro liberale, si ripresenta sempre come la stessa risposta allo stesso pericolo: la pressione esercitata sulle piazze dalla destra radicale che alimenta un clima semi-rivoluzionario…

13 thoughts on ““C’est Boulanger qu’il nous faut” – Né Destra né Sinistra & Il Fascismo in Francia (Zeev Sternhell)

  1. “I boulangisti contrappongono il culto del capo al parlamentarismo; il senso dell’autorità alla pretesa incoerenza delle istituzioni; e al capitalismo un populismo basato su un parossismo verbale antiborghese destinato soprattutto a mobilitare gli strati popolari. I trionfi del boulangismo, anche se effimeri, dimostrano che la sinistra non era sempre esente dal culto dell’uomo forte, che poteva facilmente rassegnarsi alla sconfitta di una Repubblica che non corrispondeva ai suoi ideali, che non era insensibile alla demagogia se essa avesse indicato alla vendetta popolare i magnati della finanza”

    (Pag.99)

    Non per niente, Sternhell parla di “rivoluzione dei moralisti”.
    Eppur tuttavia, rapportato allo squallore dei tempi presenti ed al disgusto del partito bestemmia, che impone alla presidenza della repubblica il più degno epigono moderno al “movimento giallo” di Pierre Biétry (nel solco del neo-corporativismo cislino), è difficile in assenza di una forte coscienza sociale resistere ai richiami di un nichilismo catartico e revanchista che il grillismo interpreta (e soprattutto contiene) in attesa di qualcosa di molto peggio…

    P.S: E’ un piacere constatare la condivisione delle medesime letture.

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  2. in effetti, cercando in rete qualcosa sul boulangismo, mi sono imbattuto nel Google Books del libro di Sternhell; mi sono ricordato anche della tua citazione in un commento sul tuo blog, due anni fa era uno degli autori citati nella polemica su Arditi del Popolo, diciannovismo, etc su GIAP (WuMing, Valerio Gentili, e altri); la cosa interessante, nel caso del boulangismo è che si intreccia alla Belle Epoque, e quindi allo sviluppo scientifico, tecnologico e industriale da un lato, e alle mode, ai consumi e ai media dall’altro; ma forse noi viviamo in una parodia “fredda”, cool e vagamente necrofila della Belle Epoque

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  3. L’opera di Zeev Sternhell ha il pregio, forse come nessun’altra, di indagare con precisione chirurgica il passaggio del movimentismo social-rivoluzionario dall’estrema sinistra alla destra nazional-populistica, con la trasmutazione verso il fascismo di una parte consistente dell’anarco-sindacalismo radicale.
    Ma l’analisi di Sternhell è circoscritta in massima parte alla società francese, con interessanti richiami alla realtà italiana (a partire da Arturo Labriola).
    Tuttavia, a mio modestissimo giudizio, Sternhell è troppo indulgente con la società francese alla quale attribuisce anticorpi democratici che in realtà non ebbe mai: poche nazioni furono permeate dai germi embrionali del fascismo, declinati nelle variabili più estreme e in ogni avventurismo sciovinista e populista, come la Francia. Per dire, la Germania di Weimar resistette all’infezione nazista molto più a lungo, nonostante le condizioni sociali catastrofiche.
    Molti ex comunardi del 1871 avversavano la Repubblica? E’ ovvio visto che il governo repubblicano di radicali liberali aveva praticato il deliberato sterminio degli insorti parigini, con esecuzioni sommarie e deportazioni di massa nella Nuova Scozia ed in Guyana.
    Al contrario, la Francia non ebbe mai fenomeni interessantissimi ed ibridi come l’esperienza fiumana, che fu corporativa e interventista, ma anche anarchica e libertaria (prima di essere permeata dal fascismo).

    Sulla “Belle Epoque” comprendo tutto il tuo interesse legato alla passione per lo “steampunk”..:) Personalmente, credo che la realtà attuale non ne rasenti neanche l’ombra, nel ristagno culturale e tecnologico del tempo presente consacrato all’apatia di massa.
    Della belle epoque mi ha sempre colpito la barbarie imperialista e coloniale, con un trionfo materiale del Male nella sua essenza, a partire dalle più compiute manifestazioni genocide e scioviniste. Oggi, per fortuna, mi sembrano pulsioni minoritarie.

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  4. a proposito di Belle Epoque, mi riferivo a un passaggio dello stesso Sternhell, a pag.76, “Con il boulangismo si inaugura l’era della politicizzazione delle masse. La modernizzazione del continente europeo, la rivoluzione tecnologica, la democratizzazione della vita politica creano una realtà sociale e ideologica nuova. Sono proprio queste nuove condizioni a creare la nuova destra, la destra rivoluzionaria” e ancora “Sul piano della pura ideologia, la nuova destra fa propri la grande rivoluzione intellettuale della svolta del secolo, il darwinismo sociale, il razzismo, la psicologia sociale di Le Bon…L’integrazione culturale, la nazionalizzazione delle masse, il suffragio universale, l’alfabetizzazione, la lettura della stampa quotidiana politicizzano la società a un livello fino allora sconosciuto etc”.

    Certo è anche il periodo dei primi “scientific romances” (Charles Hinton, G.Wells, etc.), ma ovviamente non è argomento del libro di Sterhell (salvo un accenno alle “nuove scienze”)

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  5. Ti segnalo, se ti fosse sfuggito, che in “The Birth of Fascist Ideology” Sterhell dedica 3 capitoli all’Italia: il sindacalismo rivoluzionario in Italia, la sintesi nazional-socialista, i crocevia di Mussolini…(ho appena iniziato a leggerli)

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  6. Pardonnez moi!
    Mi erano sfuggite le risposte e dunque mi accingo a rispondere solo ora, in ritardo sulla lettura…
    Con riferimento così esplicito, comprendo meglio la “parodia vagamente necrofila della Belle Epoque”… mi permetto di osservare che le componenti ‘necrofile’ con l’inevitabile culto della morte (componenti prettamente fascistoidi), riportate in auge dal Grillo ferox, oggi tendono a declinare decisamente nella coprofilia (assai più pertinente al personaggio). E anche questo rientra nell’attuale zeitgeist.
    Il richiamo all’anarco-sindacalismo ed alla componente desunta dalle riflessioni di Sorel sono parte integrante della disamina di Sterhell…
    Oggi la violenza è soprattutto verbale. Manca, per ora, quella componente ‘fisica’, che i nuovi Enragés pentastellati si limitano ad evocare sventolando cappi virtuali. Coerentemente col loro status di piccoli borghesi frustrati, sono dei pusillanimi che si fanno coraggio l’un l’altro nell’anonimato collettivo. Basta un Gustave Le Bon a spiegare la loro psicologia.
    Ma al contempo nessun fascismo potrebbe mai esistere senza il consenso e la predisposizione ideale di una simile massa amorfa in “fuga dalla libertà, come avevamo già avuto modo di osservare in passato, per l’appunto citando E.Fromm:

    Defezione dalla “massa” (Elias Canetti)

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  7. “Ti segnalo, se ti fosse sfuggito, che in ‘The Birth of Fascist Ideology’ Sternhell dedica 3 capitoli all’Italia”….

    In effetti sì, mi era “sfuggito”..:) Nel senso che ho letto solo “L’ideologia fascista in Francia”:

    http://books.google.it/books?id=Er_WXjoygsUC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

    …e dunque mi ero perso il seguito:

    http://books.google.it/books?id=qCeTWYwNMoQC&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false

    Qual migliore occasione per riparare!?!

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  8. ti ringrazio di avermi segnalato la versione in italiano di googlebooks, io mi ero scaricato (da emule) quella in inglese in pdf, ovviamente questa in taliano mi agevolerà la lettura, il limite con googlebooks è che impossibile copiarlo e scaricarlo, ma meglio di niente;

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  9. 1. Coprofilia: non sono esperto del linguaggio di Grillo come comico fin dagli esordi, quindi o ultimamente sta caricando iperbolicamente i toni, nella logica spettacolare dello tsunami, dei grandi numeri, della grande onda che tutto sommergerà, per fare “boom”, perché la ggente si assuefa e chiede “di più”, “more”; oppure usava già questo linguaggio quand’era solo un comico, e adesso viene amplificato pubblicamente, in quanto, per lui e Casaleggio, l’intero spazio pubblico è diventato il suo pubblico, la sua audience; solo che l’espansione di questa massa trova attualmente un limite, che lui cerca di superare verbalmente e psicoticamente (i milioni della marcia su Roma, per esempio)
    2. Richiamo all’anarco-sindacalismo: rispetto al periodo e alle forze del periodo preso in considerazione da Sternhell mi sembra che ci siano enormi differenze, sia pratiche che ideologiche, ci sono dei richiami, degli accenti, come ricordava Persichetti, forse più al poujadismo e al qualunquismo, rivisitati dai populismi più recenti, Lega, berlusconismo, il DiPietro che ha coagulato prima di Grillo un certo qualunquismo di sinistra – non posso dimenticare che fino a 3 anni fa Travaglio e Padellaro erano all’Unità, poi subentrò Concita de Gregorio, e i movimenti viola, arancioni, girotondini, etc non è che fossero così diversi;
    3. La violenza: in realtà di grillini qui (Puglia) come credo altrove, non se ne vedono in giro, se non qualche raro gazebo, i 4 gatti che frequentano i meetup si vedono fra loro come i seguaci di una setta new age o di un gruppo di autocoscienza, poi ci sono i troll da tastiera, o “groll” (grullo-troll), poi c’è il grillino “medio”, “diffuso”, che non partecipa a niente, poi quelli che vanno ai comizi-spettacolo del Grullo Capo. Poi naturalmente c’è lo “squilibrato” anomico. Poi ci sono i complottisti alla “ComeDonChisciotte” (il sito). Alla fin dei conti, per ora, sono delle cachette piccolo-borghesi senz’arte né parte, e senza alcuna coscienza “politica” degna di una qualsiasi considerazione. Molta solitudine, molto isolamento, molta frustrazione, in generale, questo sì. Se poi in futuro su questa massa amorfa si innesteranno e prevarranno altre tendenze, o altri personaggi più azionisti e meno chiacchieroni, i CasaPound o cose del genere, è presto per dirlo. Del resto lo stesso Grullo, un cazzaro abbastanza vile che spara “milioni alla marcia su Roma” e poi fa quella retromarcia pietosa, non mi sembra il tipo del conducator di piazza. Posso sbagliarmi, ovviamente! Che ne pensi?

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  10. A rischio di sembrare ripetitivo e troppo accondiscendente, devo dire che ancora una volta siamo sulla stessa linea d’onda..:)

    1. COPROFILIA:
    a sostegno della tua analisi mi permetto, di allegarti un interessante articolo che ho riesumato dall’archivio storico de La Repubblica:

    http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/02/19/grillo-scatenato.html

    E’ una cronaca degli spettacoli che il Grullo andava inscenando a teatro nel lontano 1992. Ed ai quali Andrea Barbato si ispirò per la sua famosa “cartolina”. Se perdoni l’auto-citazionismo, ho riportato il testo qui:

    C’è Post@ per te…

    In quelle rappresentazione di scena, c’era già tutto: il Grillo di ieri perfettamente sovrapponibile al cialtrone di oggi…
    La volgarità triviale ed esibita;
    La platea (folla) adorante ed eterodiretta dal comico;
    L’invettiva becera e qualunquista;

    Cito testuale dall’articolo:
    “(Grillo) Ha vestito subito i panni del Savonarola, del solo contro tutti moralisticamente pronto a criticare tutto quello che non va in questo paese. E gli attimi più surreali del suo spettacolo, sono stati proprio il tu per tu con la gente, una sorta di dialogo in cui Grillo lanciava parolacce e il pubblico rispondeva ridendo felice.”

    E c’era già il rito collettivo del “Vaffanculo!” che non è una ‘novità’, ma la riproposizione stanca di un vecchio sketch di successo.
    Piuttosto, è curioso notare che, non ancora convertito all’ecologia, Grillo riservava all’epoca i suoi strali più velenosi agli animalisti e agli ecologisti.
    Per il resto, nulla è cambiato:
    a) l’avversione per i giornalisti (specialmente se della RAI)
    b) il sessismo
    c) il razzismo
    d) gli ammiccamenti all’estrema destra
    E infine, come nel caso del berlusconismo, un pubblico di merda che si è progressivamente trasformato in base elettorale: “bianchi, puri, del nord”.

    2. Richiamo all’anarco-sindacalismo:
    Totalmente d’accordo con te… Un Alceste De Ambris o un Mario Carli, il capo politico pentastellato se lo sogna!
    A proposito delle analogie più pertinenti al grillismo, in riferimento a quell’altra buffonata organizzata, nota come “Movimento dei Forconi siciliani”, a suo tempo non avevo potuto fare a meno di osservare:

    «…la rivolta dei forconi ricorda sapori antichi, nel solco di vecchi movimenti protestatari, che ogni tanto si scollano dalla loro originaria crosta reazionaria per consumarsi in fretta con effimere fiammate. In fondo, ci siamo già passati… In Italia abbiamo avuto il “Fronte dell’Uomo Qualunque”, che guarda caso aveva in Sicilia uno dei suoi maggiori bacini elettorali. Certe rivendicazioni, astratte quanto rumorose, nella loro carica corporativa estesa all’intero ambito nazionale, ricordano invece l’alter-ego francese, condensato nelle insofferenze populiste del “poujadismo” di ritorno, per una destra sempre alla ricerca del suo Georges Boulanger.»

    Forconi d’Italia

    Non potrei aggiungere altro, tanto per rimanere in tema..:)

    3. La Violenza:
    I branchi di cani sembrano spesso più feroci di quanto non siano… generalmente si limitano a latrare e ringhiare; attaccano solo quando il capo-branco attacca. Ma se colpisci l’alphadog l’intera muta si scioglie.
    Ciò non toglie che possano essere imprevedibili e, all’occorrenza, pericolosi.
    Non mi preoccupa il gruppo, ma il singolo che fomentato ed esaltato dal gruppo alla fine se ne distacca per fare la sua “rivoluzione”, in polemica con una base considerata troppo morbida e ‘parolaia’.
    Faccio un esempio azzardato: è successo qualcosa di simile ai tempi di “Ordine Nuovo” di Pino Rauti… esaltazione collettiva, struttura settaria, toni da rivoluzione imminente, e rigorosamente sopra le righe, provocazioni eversive… Poi quando Concutelli e Tuti hanno formato Ordine Nero, con tutto il male che ne è seguito, tutti a prendere le distanze e dissociarsi dagli “eccessi” senza però mai una condanna netta.

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  11. ti ringrazio per l’ampio commento e scusami per il ritardo nella mia risposta, fra l’altro non riuscivo ad accedere all’articolo su Repubblica, ho letto tutto con interesse, anche perchè non è che avessi seguito le peripezie del grillo comico nel tempo, non è che lo considerassi granchè, sinceramente; adesso voglio fare un confronto con quanto scritto da Giuliano Santoro; noto poi che il titolo di questo post, “C’est Boulanger qu’il nous faut” è affine alla frase “una destra sempre alla ricerca del suo Georges Boulanger.», almeno il titolo è azzeccato, anche se adesso è più poujadismo o forconismo o qualunquismo; quel che non capisco è come ci possano essere ancora “intellettuali” a sinistra a non rendersene conto, mah! In ultimo, visto che segui con passione e costanza questi fenomeni, e archivi con pazienza, perchè non fai un bel PDF o Epub con un certo numero di post, nuove aggiunte, bibliografia, introduzione, etc. o magari riediti tutto in maniera ragionata, a capitoli?

    à la prochaine! (scusami di nuovo per il ritardo, ma prima o poi rispondo!)

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  12. Ad essere sincero, non avevo mai pensato alla realizzazione di un pdf ricapitolativo o addirittura ad un EPub… Anche perché in genere non seguo un metodo di “lavoro” preciso: memorizzo la più alta mole possibile di dati e informazioni, che poi alla bisogna ripesco all’origine e assemblo in una costruzione analitica secondo l’estro o la fantasia del momento, su improvvisazione… Se il prodotto finito, nella sommatoria dei precedenti, ha una sua linearità logica di insieme, il risultato è più casuale che voluto, giacché, da bravo “imbecille”, la coerenza di pensiero è una ‘virtù’ apparentemente innata.
    Comunque dovrò tenere presente il tuo suggerimento..:)

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  13. Pingback: Da Nietzsche a Breivik – Mario Perniola | Dead Warhols

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