Il popolo delle scimmie – Antonio Gramsci

IL POPOLO DELLE SCIMMIE

“Tutti i discorsi che abbiamo sentito, fatti da pipistrelli, da belve o
da uccelli; pelle, pinna, squama o piuma, li scherniamo tutti insieme
velocemente! Eccellente! Meraviglioso! Un’altra volta! Adesso noi
parliamo proprio come gli uomini. Facciamo finta di essere… non
importa.” (Rudyard Kipling, La caccia di Kaa)

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   In un articolo pubblicato su l’Ordine Nuovo il 2 gennaio 1921 (antoniogramsci.com/scimmie), Antonio Gramsci, attento lettore e analista dei movimenti sociali anche nei loro paradossali rovesciamenti, a proposito del nascente movimento fascista riprende in chiave grottesca  e caricaturale, dai racconti del Libro della giungla di Rudyard Kipling (1894), la metafora del popolo delle scimmie  (“ La caccia di Kaa”, “Al servizio della regina”, “Canzone di parata di tutti gli animali del campo”, etc).  L’anno di pubblicazione del libro di Kipling, il 1894,  è anch’esso importante, perché è proprio nell’ultimo decennio del XIX secolo che, scrive Gramsci,  inizia lo sfacelo della piccola borghesia (oggi diremmo, con  un’espressione più annacquata e incolore, più british, “ceti medi”), questa “classe di chiacchieroni, di scettici, di corrotti” che è scesa in piazza “scimmieggiando” la classe operaia:

“La piccola borghesia perde ogni importanza e scade da ogni funzione vitale nel campo della produzione, con lo sviluppo della grande industria e del capitale finanziario: essa diventa pura classe politica e si specializza nel “cretinismo parlamentare”.

“Questo fenomeno che occupa una gran parte della storia contemporanea italiana, prende diversi nomi nelle sue varie fasi: si chiama originalmente “avvento della sinistra al potere”, diventa giolittismo, è lotta contro i tentativi kaiseristici di Umberto I, dilaga nel riformismo socialista. La piccola borghesia si incrosta nell’istituto parlamentare: da organismo di controllo della borghesia capitalistica sulla Corona e sull’Amministrazione pubblica, il Parlamento diviene una bottega di chiacchiere e di scandali, diviene un mezzo al parassitismo. “

ilpianetadelle scimmie Come si vede, e come ognuno può approfondire rileggendo l’intero articolo, Gramsci non fa affatto il solito discorso meccanicistico e piagnucoloso, ripreso dalla vulgata di certa cosiddetta sinistra radicale, della crisi economica e sociale che impoverisce i ceti medi, facendo loro perdere la fiducia nel sistema politico-parlamentare. Lo sfacelo della piccola borghesia comincia molto prima, ancora prima della Prima Guerra Mondiale e della crisi che ne consegue, abbraccia un intero periodo storico, e si traveste sotto differenti nomi, incrostandosi nell’istituto parlamentare. Mutatis mutandis, è quanto accade col periodo storico che viene identificato col berlusconismo, che comincia col craxismo e termina col grillismo come sua orazione funebre. Nel momento in cui la piccola borghesia, i ceti medi, hanno perso qualsiasi funzione produttiva (terziarizzazione, finanziarizzazione, economia “virtuale”, “bolle”, rendita, parassitismo puro e semplice) e hanno finito di corrompere l’istituto parlamentare fino alle midolla, solo a quel punto essa “ cerca in ogni modo di conservare una posizione di iniziativa storica: essa scimmieggia la classe operaia, scende in piazza”.

I ceti medi scimmieggiano grottescamente il movimento operaio, non a caso trasformando tutto in una rappresentazione farsesca:

“Il fascismo è stata l’ultima “rappresentazione” offerta dalla piccola borghesia urbana nel teatro della vita politica nazionale. La miserevole fine dell’avventura fiumana è l’ultima scena della rappresentazione. Essa può assumersi come l’episodio più importante del processo di intima dissoluzione di questa classe della popolazione italiana”.

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“Per gli strani ricorsi della storia, inconsapevoli se ci tocchi di vivere in sorte la farsa o la tragedia, a segnare lo zeitgeist di un tempo imperfetto è la staffetta tra il monarca che si fece buffone ed il giullare che volle farsi re, a ruoli interscambiabili, nell’imprescindibilità del cialtrone come figura immanente della politica italiana e per il sollazzo della plebe plaudente.”   (liberthalia.wordpress.com/2013/02/20/bagno-di-sangue)

Scimmie, chiacchieroni; rappresentazione, teatro, scena, ultima scena, finzione, farsa, etc: teniamo a mente questi termini, perché ci dicono già molto, se non tutto, sul fascismo ieri, sul berlusconismo e sul grillismo oggi. Certo, il fascismo come “rappresentazione teatrale”  grottesca, (e il nazismo suo emulo , un decennio dopo) deve ancora fare molta strada. Ma Gramsci acutamente ne coglie i segnali già nella sua fase nascente, e li collega all’intero periodo storico in cui esso è stato incubato.

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Come ho già scritto in altra occasione, i fascisti rubano letteralmente  simboli e  termini rivoluzionari, stravolgendone il senso, fra cui la stessa parola fascio, che indicava originariamente unione e forza (il Fascio della Democrazia del 1883, i Fasci Siciliani dei Lavoratori 1891-1895. i Fasci d’Azione Rivoluzionaria internazionalista fondati dai sindacalisti rivoluzionari Alceste De Ambris e Filippo Corridoni, i Fasci Autonomi di Azione Rivoluzionaria, etc. E’ solo sul finir della guerra che il termine viene sempre più usato dai gruppi nazionalisti e conservatori, come il Fascio parlamentare per la difesa nazionale (1917), il Fascio nazionale italiano, il Fascio romano per la difesa nazionale, la Federazione dei Fasci di Resistenza, fino ai Fasci italiani di combattimento fondati da Mussolini nel 1919, che finì per radunare varie tendenze e formazioni locali. Nel 1922 Alceste De Ambris, già redattore della Carta del Carnaro nell’avventura fiumana, nonchè co-estensore del Manifesto dei Fasci Italiani di Combattimento nel 1919, corse in difesa di Parma, con gli Arditi del Popolo, contro l’assalto delle squadre fasciste di Roberto Farinacci. Qui si chiude questo slittamento paradossale del termine fascio, dal suo originale significato rivoluzionario a quello reazionario che  attribuiamo attualmente.

Lo scimmiottamento dei fascisti ieri, ri-scimmiottato dai grillisti oggi, consiste nella continua appropriazione e nello stravolgimento dei simboli e dei termini rivoluzionari, in un contesto, definito come diciannovismo, che si prestava a molti equivoci e a molte ambiguità, a partire dall’Impresa di Fiume. Del resto lo stesso Programma di San Sepolcro, atto di fondazione dei Fasci Italiani di Combattimento di Mussolini (1919), può essere interpretato in un senso o nell’altro:

« Noi ci permettiamo di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente »

L’ espressione “movimento fascista” definisce “un’associazione di tipo nuovo, l’antipartito, formato da spiriti liberi di militanti politici che rifiutano i vincoli dottrinari e organizzativi di un partito” (E.Gentile)

« L’attuale rappresentanza politica non ci può bastare; vogliamo una Rappresentanza diretta dei singoli interessi, perché io come cittadino, posso votare secondo le mie idee, come professionista devo poter votare secondo le mie caratteristiche professionali. Si potrebbe dire contro questo programma che si ritorna alle corporazioni, non importa. Si tratta di costituire dei Consigli di categoria che integrino la rappresentanza sinceramente politica. » (Mussolini, 23 marzo 1919). E così via.

Per Emilio Lussu, ufficiale nella Prima Guerra Mondiale, interventista, scrittore, in seguito fondatore del Partito Sardo d’Azione e antifascista, gli ex combattenti erano tutti socialisti potenziali che avevano maturato una concezione internazionalista in trincea:

Reggenza_Italiana_del_Carnaro“Per capire la contraddittorietà, ma anche la sincerità di quelle tensioni ideali, pensa alle simpatie che la rivoluzione Russa riscuote tra molti legionari Fiumani, si tratta di una pagina di storia che poi è stata “accomodata” e nascosta, ma fa pensare… Perché per il fascismo era importante appropriarsi anche dell’esperienza Fiumana? E’ semplice: perché il fascismo non aveva la storia del partito socialista, non aveva dietro di sé la cultura cattolica del partito popolare, non aveva neppure le vecchie tradizioni risorgimentali dei liberali; si trattava di un movimento nuovo, che si muoveva solo nella logica della presa del potere, privo di solide radici ideologiche o simboliche, che cercava di “mettere il cappello” ad un’ampia fetta di popolazione in cui era percepibile un disagio istintivo… Il fascismo aveva, insomma, l’esigenza di appropriarsi di una “storia” altrui, non avendone una propria...” (Emilio Lussu, intervista a Ivan Tagliaferri, in Morte alla morte, citata in http://ita.anarchopedia.org/Impresa_di_Fiume).

Sia Gramsci che Lussu comprendono immediatamente il carattere scimmiottesco, grottesco e caricaturale del “fascismo” mussoliniano. Gramsci riprende, come abbiamo visto, , la metafora del Popolo delle Scimmie, o Bandar-log, dai racconti del Libro della Giungla di Kipling:

Pettegole, stupide, vanitose…vanitose, stupide, pettegole, sono le scimmie”, dice Kaa, riferendosi al Bandar-log.

Noi siamo grandi. Noi siamo libere. Noi siamo straordinarie. Noi siamo il popolo più straordinario di tutta la giungla! Lo diciamo tutte e perciò deve essere vero”, risponde in coro  il Bandar-log.

Il Popolo delle scimmie è la piccola borghesia che è scesa in piazza, “scimmieggiando” la classe operaia, nelle cosiddette “radiose giornate di maggio” che spinsero il titubante governo italiano a scendere in guerra, e “con tutti i loro riflessi giornalistici, oratori, teatrali, piazzaioli, durante la guerra (sono) come la proiezione nella realtà di una novella della jungla del Kipling, la novella del Bandar-log, del popolo delle scimmie, il quale crede di essere superiore a tutti gli altri popoli della jungla, di possedere tutta l’intelligenza, tutta l’intuizione storica, tutto lo spirito rivoluzionario, tutta la sapienza di governo, ecc., ecc.”.

Benchè Gramsci presti attenzione agli sviluppi dell’Impresa di Fiume, cui partecipano anche Arditi, anarchici e bolscevichi, egli in realtà diffida di questo “strano miscuglio ideologico di imperialismo nazionalista, di “vero rivoluzionarismo”, di “sindacalismo nazionale””. Infatti annota: “La miserevole fine dell’avventura fiumana è l’ultima scena della rappresentazione”.
Scendendo in piazza, ad imitazione della classe operaia e contadina, il popolo delle scimmie, “la piccola borghesia, che si era asservita al potere governativo attraverso la corruzione parlamentare, muta la forma della sua prestazione d’opera, diventa antiparlamentare e cerca di corrompere la piazza…Corrotto fino alle midolla, asservito completamente al potere governativo, il Parlamento perde ogni prestigio presso le masse popolari”.

Il parlamentarismo entra in crisi nel 1914 e decade completamente durante la guerra. Le scimmie, con il loro bizzarro miscuglio di nazionalismo, rivoluzionarismo e “sindacalismo nazionale” (corporativo) si illudono di aver sostituito l’idea socialista, ma la svolta avviene quando cercano “di organizzarsi e di sistemarsi intorno a padroni più ricchi e più sicuri che non sia il potere di Stato ufficiale, indebolito ed esaurito dalla guerra”.

5 thoughts on “Il popolo delle scimmie – Antonio Gramsci

  1. ho letto 2-3 anni fa quell’articolo, che sicuramente ho archiviato in qualche cartella, ed esso dimostra l’estrema attenzione che Gramsci e il gruppo dell’Ordine Nuovo ponevano all’insieme dei fenomeni sociali e culturali, in un periodo estremamente teso e convulso e con una situazione rivoluzionaria, che poteva oscillare da una parte o dall’altra; e molte erano infatti le oscillazioni da un fronte all’altro, come nel caso ricordato di Alceste de Ambris, degli anarchici, degli anarco.sindacalisti, degli Arditi, degli stessi futuristi, ci furono anche tentativi di contatto con D’annunzio, andati a vuoto, per prevenire la marcia su Roma; purtroppo però il Partito Comunista (quello di allora, s’intende) non era neppure nato, il Partito Socialista era diviso, troppo sulla difensiva e legalitario, la vittoria arrise a chi fu più veloce;
    naturalmente il contesto era molto diverso, ci sono molti fattori di discontinuità, e alcuni di continuità; nondimeno possiamo studiare il passato per non ripetere gli errori, e per quanto riguarda la farsa e il grottesco, comprendere come i meccanismi dello spettacolo e della comunicazione si fondono con la politica

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  2. Ormai non si tratta più di comprendere i fenomeni nel loro semplice divenire, ma si tratta di capire come i dispositivi del potere influenzano idee, scelte, comportamenti in quello che è il terreno della biopolitica. Se vogliamo analizzare il fenomeno M5S, non possiamo non guardare al valore che la rete ha in questa operazione: mentre le tradizionali radio, tv, cinema influenzano, ma non controllano in tempo reale idee e opinioni degli utenti, al contrario la rete può modificare in tempo reale le strategie di propaganda a seconda della tendenza generale, perché interattiva: legge e controlla i comportamenti di milioni di persone in tempo reale, perciò affina quotidianamente i suoi strumenti affinché il controllo arrivi ad operare delle semplici correzioni di “traiettoria” dei sentimenti e delle opinioni, in un sofisticato gioco di stimolo-reazione nella direzione che il potere, soggetto del controllo, vuole. Per questo dovremmo pensare a Grillo come “influencer” anziché come leader: il suo è un rapporto ipnotico con la massa, privo di radici idealitarie, soggetto alle variabili dei sentimenti e delle opinioni della rete: è l’iperfascismo. Mentre, nelle retrovie, una azienda di e-commerce, testa il suo potenziale per fondare una futura “Città del sole”.

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  3. ciao, scusami il ritardo, ma fra un idraulico e un intonachista non ho avuto molto tempo per rispondere, ma intanto il cervellino continuava a pensarci “__”
    ti ringrazio del lungo commento, che apre più discorsi. Partendo dalla fine, la Città del Sole casaleggiana, che associo al brano di Canetti riportato nel post successivo; già qui c’è parecchio, e se puoi approfondire con un tuo contributo te ne sarei grato; il secondo aspetto mi trova pienamente concorde, da tempo volevo dedicare qualche riflessione in più ai testi pubblicati da http://www.ippolita.net/ su Google, Facebook, Partito Pirata, anarcocapitalismo etc, ma il tempo è tiranno; dulcis in fundo, non sottovaluterei l’istrionismo di ieri e di oggi nella formazione della leadership autoritaria e della massa, in piazza o su Internet; da un lato c’è il marketing virale, il frame, la “narrazione”, dall’altro c’è il comico che ne intercetta le emozioni a livello vitale, di massa, stiamo parlando appunto del duo Grullo-Casaleggo; sull’istrionismo di ieri, è evidente che era stato incubato in piena Belle Epoque con tante belle associazioni creative pre-avanguardie a Parigi (Zutisti, Incoerenti, Hydropathes, gli Irsuti, i Menefreghisti, i Fumisti, etc.), dove fra l’altro Marinetti apprese i rudimenti del mestiere

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  4. Pingback: Il grillismo e il “fascismo eterno” (U.Eco) – A proposito di un post (“infelice”) di Roberta Lombardi, onorevole grillista | Mrtvýwarhola ( 死的人warhola)

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