La poltrona Djinn (Airborne International) – 2001 Odissea nello spazio

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Nei vecchi film di fantascienza anni ’50 o ’60 del secolo scorso è facile che vi fossero fra l’altro oggetti che anche nel design hanno anticipato oggetti tecnologici effettivamente realizzati qualche decennio dopo, come ad esempio i CD ne La macchina del tempo o i tablet in 2001 Odissea nello spazio. I legali di Samsung hanno allegato una sequenza di quest’ultimo per dimostrare che il design di Galaxy e altri smartphones non è stato copiato da altri, ma esisteva già prima in un’opera di fantasia. In una scena del film, i membri dell’equipaggio guardano un video su una tavoletta dalle dimensioni e dalla forma simili all’iPad (http://www.wired.co.uk/news/archive/2011-08/24/samsung-2001-prior-art)

Più in generale, era l’intero set ad essere avvenirista e modernista, “un parco giochi futuristico”, dallo spazio all’arredamento fino ai costumi disegnati da Hardy Amies:

“Il guardaroba di Kubrick in 2001 rifletteva ancora lo stile slanciato degli abiti che andava nel 1960, come le tute unisex con pantaloni. Quando i personaggi sono nelle stazioni spaziali, invece, i vestiti rispecchiano lo stile classico delle tute spaziali e sono colorate in giallo, blu e rosso luminoso o metalliche.”.

“La science fiction indubbiamente forniva un repertorio iconico e di soluzioni formali ricorrenti nella cultura pop: dalla House of the Future degli Smithson e i progetti del gruppo Archigram al design avveniristico degli anni sessanta (le poltrone Djinn di Olivier Mourgue del 1965, utilizzate tre anni dopo da Stanley Kubrick in 2001: A Space Odyssey, la Globe Chair di Eero Aarnio del 1963, o Visiona 1, l’habitat futuristico presentato da ]oe Colombo alla Fiera di Colonia nel 1969), dalla collezione spaziale del 1964 proposta da André Courrèges o a quella di Pierre Cardin del 1967 fino ai costumi disegnati da Paco Rabanne per quel vero e proprio florilegio di sensibilità pop estremizzate che fu Barbarella di Roger Vadim.”

(Andrea Mecacci, L’estetica del Pop, Donzelli, 2011)

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Fra il racconto La sentinella di Arthur C.Clarke, da cui 2001 è tratto, e la realizzazione del film, intercorre uno spostamento dalla narrazione alla percezione che si traduce in teoria dell’immagine. Kubrick e Clarke collaborarono alla sceneggiatura, anche per quanto riguarda i dettagli scientifici, ma il film è del tutto diverso dal romanzo. Vennero assunti esperti della NASA per quanto riguarda i veicoli spaziali (Frederick Ordway e Harry Lange), ma furono poi lo scenografo Tony Masters e il direttore artistico Ernest Archer a rendere i loro concetti di design una realtà.

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Di questo spostamento “dalla narrazione alla percezione” sono testimoni famose le poltrone Djinn, prodotte dal marchio francese Airborne International, “un modello unico per la sua silhouette originale, ribassata e ondulata”, e avveniristica ancora oggi, del designer francese Olivier Mourgue progettate a partire dal 1963 e poi rese famose dal film. Mourgue chiama la linea di poltrone “Djinn” (Genio) perché, secondo una legenda islamica, rappresenta uno spirito che assume una forma umana o animale ed esercita un’influenza soprannaturale sulle persone.
“Il modello originario ha generato anche, un pouf, un sofà a due posti e un lounge, un ancora più rilassante dormeuse concepito e costruito in modo analogo. La caratteristica principale di quest’ oggetto è il disegno in un pezzo unico che comprende, oltre ai piedi e alla seduta, anche un comodo poggia testa. “.

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“Airborne ha costruito Djinn con un telaio in acciaio, gomma piuma e tessuto jersey stretch.
Un’altra innovazione adottata dal designer, Olivier Mourgue, è il fatto di aver rivestito di tessuto l’ intera forma, battezzando così una moda che caratterizza l’intero design degli anni ’60.”.

(http://www.designmag.it/articolo/poltrona-djinn-originale-e-avveniristica/7735/)

La poltrona Djinn-Airborne divenne un’icona del design futuristico degli anni ’60 proprio grazie al film di Kubrick e al suo “avveniristico hotel a cinque stelle di rotazione nello spazio”.

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L’istanza materna: la poltrona Airborne

…Un tempo le norme morali imponevano all’individuo di adattarsi all’insieme della società, ma questa è l’ideologia ormai superata di un’epoca di produzione; in un’epoca di consumi, o che pretende di essere tale, sarà la società globale ad adattarsi all’individuo. Non soltanto anticipa i suoi bisogni, ma si prende anche la cura di adattare se stessa non a questo o a quel bisogno, ma addirittura all’individuo personalmente …la Vostra poltrona, la Vostra sedia, il Vostro divano…Nella poltrona…bisogna riconoscere l’essenza di una società definitivamente civilizzata, che ha fatto proprio l’ideale della felicità, della Vostra felicità, e che dispensa spontaneamente a ogni suo membro gli strumenti per realizzare se stesso.

…”L’acciaio, è la struttura”. Ecc. L’acciaio esalta, ma è anche un materiale duro, che ricorda lo sforzo, la necessità dell’individuo di adattarsi – si osservi allora come si trasforma e diventa malleabile, come la struttura si umanizzi…La struttura è sempre violenza, la violenza angosciante. Anche a livello di oggetti, rischia di compromettere il rapporto dell’individuo con la società. Per rappacificare la realtà, occorre salvare la quiete delle apparenze. La poltrona diventerà dunque, passando dall’acciaio al tessuto come per una trasmutazione naturale fatta per piacere, uno specchio di forza e tranquillità. Infine l’”estetica” avviluppa la struttura celebrando le nozze definitive dell’oggetto con la “personalità”.

(…)

La società diventa materna per potere meglio conservare un sistema di obblighi e costrizioni. La diffusione dei prodotti e le tecniche pubblicitarie svolgono dunque un ruolo politico immenso: assicurano perfettamente la sostituzione delle ideologie precedenti, morali e politiche. Meglio ancora: mentre l’integrazione morale e politica non è mai avvenuta senza violenza (è stata sempre necessaria la repressione aperta) le nuove tecniche riescono a evitare la repressione: il consumatore interiorizza l’istanza sociale e le sue norme, nell’atto stesso del consumo.

(…)

Gratificazione, frustrazione: due aspetti inscindibili dell’integrazione “

(J.Baudrillard, Il sistema degli oggetti, “La poltrona Airborne”, 1968)

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